"Un passo alla volta, dai libri ai giornali e poi fino alle stelle" e magari al dominio dell'universo intero, al punto di credersi di essere Dio.
Dal motto virgolettato, di Jeff Bezos, patron di Amazon, incipit di un'intervista rilasciata qualche tempo fa a un quotidiano Nazionale, prendo spunto per esprimere una personale considerazione, poco accondiscendente, verso il personaggio. In essa si racchiude il delirio della sua onnipotenza mercantile con la quale si proietta, fantasticamente, oltre ogni limite umano. Questo tipo di esaltazione personale non è nuova. Altri imprenditori hanno avuto identica visione del loro futuro;ma poi, alcuni, sono passati ad altra vita anche se credevano impossibile che ciò accadesse. Mentre altri, ancora imperversano, dominando il mercato globale, con la loro mercanzia, forza economica, finanziaria.
L'intervista a Jeff Bezos è tra quelle che piace ai cultori del libero mercato, o meglio ai liberisti, ai sognatori di un mondo economico tutto per loro, con il quale affermare le proprie capacità imprenditoriali, le proprie mire espansionistiche con le più disparate attività produttive, affibbiandosi, quando vi riescono, nell’impresa, l’appellativo di self made men. Jeff Bezos, è un vero self made men, con una dimenticanza che lo accomuna ai suoi simili, quello di non considerare, minimamente, che la ricchezza di un imprenditore non sta nel risultato derivante dalla sola sua idea, ma anche da un insieme di altri fattori che la rendono possibile e realizzabile. Esempio: attraverso quei soggetti che ne rappresentano la portata economica come classe produttrice, e quella di massa fruitrice delle loro mercanzie senza i quali, i loro propositi imprenditoriali non potrebbero mai realizzarsi. Come se un cantante, che volendo esibire la sua voce, non avesse un auditorio disposto ad ascoltarlo. Il suo tono, le sue parole, si perderebbero nel vuoto. Se così fosse, dubito che riuscirebbe a dare senso e valore al proprio talento. Nessuno vive, cresce, indipendentemente dagli altri. La concretezza di ciò che si vuole affermare, negli scopi più o meno importanti, si realizzano e valorizzano sempre nella correlazione tra individui.
Che Jeff Bezos abbia, intelligentemente, individuato il metodo per diventare il terzo uomo più ricco del mondo è, dal punto di vista del sistema economico imperante, meritevole, e questo anche se egli fosse stato il cinquantesimo. Sono quei soggetti che sanno ben realizzare i loro intenti e tutelare meglio i loro interessi, e monopolizzare efficacemente il mercato. Come quello della rete telematica, sapendo che quanto più essa è estesa tanto più la pesca è proficua.
Oggi qualsiasi oggetto prodotto e commercializzato, su scala mondiale, trova in “Amazon”, il miglior mezzo di acquisto veloce, per ogni tipo di acquirente, a costi sempre più convenienti. Questo è un dato di fatto, che richiederebbe un'analisi critica del fenomeno, leggendolo con lo sguardo rivolto non tanto al presente quanto al futuro, valutandone gli effetti negativi come: diminuzione di competitività, per posizione monopolistica dominante; riduzione di personale operativo nello smistamento e imballaggio merci attraverso l’utilizzo della robotica; fallimento di piccole imprese commerciali o riduzione dei margini di guadagno al limite della sopravvivenza. Tutto ciò finalizzato per il massimo profitto.
Ma i media, nelle interviste rilasciate, da protagonisti del genere, danno maggior risalto e apprezzamento a questo, alla ricchezza che costoro hanno accumulata in così breve tempo, raffigurandoli come un icona della genialità mercantile. Quello che conta il "totem" del culto liberista. Sono le leggi del profitto, della libera concorrenza, ossia del “bellum omnium contra omnes” che caratterizza l’economia capitalista.
Una volta beffato, dagli avversi eventi, l’umanesimo socialista, nella sua visione utopica dell’uomo nuovo in una società senza più classi, vincente, nei paesi più industrializzati, resta il liberismo, il libero mercato.
Di questo, Jeff Bezos, ne è la rappresentazione paradigmatica. È lo stereotipo di una classe di ricchi sfondati la cui colpa, in un mondo dove gran parte dell’umanità rimane emarginata e povera, non è solo quello di esserlo, ma continuare, sempre di più, ad esserlo. E questo pone una questione etica, sociale, non risolta e difficilmente risolvibile dalla comune volontà, da un forte sentimento di dignità. Data la forza insita nei meccanismi del potere economico dominante che sublima il desiderio dei consumatori con un piacere fittizio, attraverso "consigli per gli acquisti" pubblicizzati ad hoc, pagandone un caro prezzo sul piano dei consumi eccessivi, irrazionali, degli sprechi, dell’inquinamento.
Jef Besoz, ha anche raccontato quali altri propositi futuri possiede nel cassetto. Propositi con i quali sconfinare in campi non propri, ma prodighi di enormi profitti. Mentre il suo mecenatismo, per la ricerca scientifica, se pur apprezzabile, è solo un modo per apparire meno avido, più umano, ma non meno padrone. Per ora non possiamo che prenderne atto. Anche se in molti vorremmo che la realtà materiale, si esplicasse con forme meno esclusive e più distribuite di ricchezza, con condizioni di benessere esistenziale meno frustrato. Un mondo diverso, da come lo vediamo oggi nei suoi aspetti più contraddittori, irrisolti, nella più vile sperequazione. Questo si cela dietro le declamazioni sorprendenti di chi si crede smisuratamente di essere unico, quando in realtà è solo un umano tra gli umani, senza essere padrone di nessun infinito o credersi Dio in terra. Quando è solo il risultato di una combinazione di casualità, sinergie fatte proprie, affinché il suo futuro fosse conseguentemente fortunato. Ma non c'è nessuna ragione per ritenere che ciò rappresenti il valore migliore dei valori possibili. L'umanità deve solo liberarsi della propria stupidità di modo che, un Jef Bezos o simili, non vadano presi sul serio, credendoli dei semi dei.