Qui la memoria torna ad essere elemento di confronto tra due generazioni, dove l'attuale, con identiche problematiche sociali ed esistenziali, sembra perdere ogni sicura prospettiva per i prossimi 100 anni.
Quello che pubblichiamo sono alcuni accenni di documenti, piccoli passaggi per una più ampia conoscenza storica che ci informa della portata culturale e politica di quegli eventi e dei suoi protagonisti. Fu unbigbang contro l'apparato burocratico di un sistema decrepito e contro l'Establishment governativo e universitario, scuotendo la società civile, colpevo le anche essa, dello status quo. Si batterono contro la guerra in Vietnam, a favore dei diritti civili negati, contro lo sfruttamento smisurato delle risorse energetiche, contro lo spudorato profitto per scopi d'interesse economico, militare e di dominio, contro il sistema di controllo. Quello fu il decennio della ribellione giovanile, dei movimenti studenteschi, iniziato con la generazione americana degli SDS (Students for a Democratic Society), del Free Speech Movement del campus universitario di Berkley, della Weateher Underground, dei Day of Rage, degli Hippy; decennio conclusosi poi con il '68 europeo, francese, tedesco e italiano. Tutti con un preciso intento: ribellarsi per una società migliore e giusta che vedevano realizzabile solo a sinistra. Noi attraverso documenti, le voci dei protagonisti, brevi reperti, proviamo a riproporre quella memoria. Pensiamo che ciò sia importante per comprendere se nella generazione di oggi esiste la stessa volontà di ribellione di allora oppure no. O forse è più preminente il soccombere al vizio, al mercato, ai falsi simboli, alle false categorie di valore, al futuro senza lavoro, al sistema di potere che divorerà se stesso e anche questa generazione.
Il racconto su una generazione non è interessante per nessuno se non quando avvenimenti che l'hanno riguardata ne esaltano il valore per l'audacia dell'azione. Di quell'azione, nella quale col tempo, in un decennio, si è concentrata una sorta di potenzialità culturale e politica determinando una diversa concezione della libertà e della democrazia sia nella società civile, sia nelle università. Stiamo parlando del decennio della ribellione giovanile degli anni '60 del secolo scorso. Un decennio affatto stimato dalla cultura ufficiale e osteggiato dal meschino pregiudizio. Per questo è necessario, pur nella critica obiettiva, recuperare il senso di quegli avvenimenti, delle sole azioni propositive e concrete che sono lì fisse, nel tempo, in attesa che qualcuno le ricordi raccontandole per filo e per segno, soppiantando così ogni smarrita memoria o rimozione forzata, di cui spesso non si valutano l'importanza e le conseguenze. Oggi, a distanza di decenni, avviare un confronto dialettico con quella memoria documentaria non è una necessità peregrina, ma oggettiva affinché i giovani sappiano, conoscano e capiscano per reagire al torpore collettivo, e farsi pensiero e azione. Diversamente, come sta accadendo, per essi non ci sarà futuro che tenga sul piano delle certezze. Certezze delle quali la generazione di allora capì l'importanza, sprigionando una poderosa protesta e ribellione.
Oggi nessuno più si ribella come allora.
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