La TV detiene il primato della diffusione con un coacervo di programmi per la maggior parte seducenti ma diseducativi: talkshow e reality, che producono ignoranza e cattivi esempi tra i giovani, orientandoli verso stili di vita, linguaggi, comportamenti e cattivi esempi. Una volta la formazione dei giovani avveniva ad opera di due storiche istituzioni: famiglia e scuola, genitori e maestri, due entità complementari fondamentali. La politica, usa le stesse tecniche persuasive. Pubblicizza e propaganda, propaganda e pubblicizza attraverso individui interessati alla cura della propria immagine, al proprio tornaconto e al potere sfacciatamente personale. Da una società televizzata, sempre meno reattiva, è difficile ottenere un giudizio obbiettivo, che la metta al riparo dai danni di programmi d'intrattenimento, informazione e dibattito sicuramente nocivi. Alla fine tutto è passivamente assorbito. Svanisce ogni risorsa critica. E l'intelligenza marginale della minoranza non basta a liberare le coscienze intrappolate. Lo sconfitto è il telespettatore-utente, il consumatore consumato. Chiuso nel silenzio della passività quotidiana consuma il tempo, separato dagli altri, dai figli, dalle mogli, da se stesso. Impoverito nello spirito, il televizzato non ha la capacità di apprezzare e capire il valore di ciò che ha perso o sta perdendo. Qualcuno disse che ognuno è figlio del proprio tempo. Noi siamo figli sottomessi della televisione, del mercato, dei media, della politica, che sono il segno del nostro tempo, un segno totalmente negativo. Ora, tornando all'inizio del discorso, possiamo dire che Ulisse, nella sua odissea, agì sempre come il caso richiedeva. Si servì dell'astuzia per ingannare il male e dell'intelligenza per liberarsene. Colpì a morte i Proci, beffardi, usurpatori e parassiti, riprendendosi ciò che gli era caro. Noi, oggi, vuoti di memoria, insipienti e irretiti mortali, non aspiriamo neppure, nell'odissea di questo nostro tempo, a ciò che diciamo di avere più a cuore, l'Itaca della coscienza, della ragione, del rispetto umano. Non siamo come Ulisse. Forse siamo anche consapevoli, ma restiamo impietriti in una attesa messianica. Ma il Messia dov'è? In fondo all'abisso.
L'Odissea rappresenta una serie di vicissitudini di suggestivo significato allegorico con al centro la figura di Ulisse, che seppe difendersi e difendere i suoi compagni dai pericoli del viaggio. Il capitolo più esaltante del racconto è l'approdo dell'eroe nell'amata Itaca. La fine della vicenda è una lezione per noi contemporanei, sulla quale riflettere per contrastare le insidie che condizionano la nostra esistenza. Prendiamo il mercato, i media, la politica. Essi sono i cardini di un sistema integrato da cui dipendiamo. Il mercato, per la parte consumistica di beni diversi, determina l'economia di scambio nella "libera" concorrenza, sviluppa sistemi finanziari sofisticati e catastrofici, una produzione industriale, al di sopra delle necessità e consumi superflui attraverso le sirene della pubblicità e l'uso della psicologia di massa. Un condizionamento perfetto. I media, per parte loro, presentano di solito le notizie con l'obiettivo di indirizzare le opinioni degli utenti prescindendo dall'obbiettività e qualche volta dalla verità dei fatti. Usano scoop, che puntano a suscitare emotività, scalpore e niente altro.
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